Proseguiamo la pausa sulle tematiche riguardanti gli acciai inox bugnati rigidizzati, decorati e colorati e ci soffermiamo ancora una volta sullo stato di salute del mondo siderurgico per dare seguito a quanto raccontato nel precedente articolo, in quanto il primo semestre 2021 si è concluso ed è possibile offrirvi nuovi dati per valutare l’attuale condizione del mercato dell’acciaio.
Qualcuno sostiene che le crisi siano le occasioni migliori per le aziende per cambiare ed evolversi e, aldilà della retorica, sarebbe difficile dargli torto se tutte le crisi economiche e finanziarie della storia avessero svoltato tanto velocemente e qualitativamente come accaduto negli ultimi 12 mesi e in particolare nell’ultimo semestre. Eppure, non è festa per tutti.
Meglio del 2019, ad un soffio dal 2018.
I dati a fine giugno 2021 confermano la lettura positiva offerta da Antonio Gozzi, presidente di Duferco Holding Italia, durante il convegno di Siderweb dello scorso giugno: la produzione siderurgica sta vivendo un SUPER CICLO.
Il 2021 sta facendo dimenticare l’anno del Covid, riportando i valori a ben prima della crisi causata dalla pandemia.
Solo sul fronte italiano il primo semestre di quest’anno ha visto una crescita nella produzione di acciaio di oltre il 20% rispetto al 2020 e dell’1,5% in confronto allo stesso periodo 2019, mezzo punto percentuale ci separa, infine, dai risultati del primo semestre 2018.
Un boom produttivo eccezionale stimolato dalla richiesta del mercato, di cui certamente non si può che rallegrarsi, ma che ha fatto (e continua a far fatica) a star dietro alla domanda reale incidendo così sui prezzi, anche se con flessioni diverse in basi al tipo di categoria prodotto.
A metà luglio si è registrato sul mercato italiano un rallentamento nella crescita dei prezzi dell’acciaio al carbonio a conferma del trend di stabilizzazione, mentre l’acciaio inox, sia per quanto riguarda i semilavorati che per il rottame, si mantiene in crescita.
I nostri contatti diretti nei settori CRC e LAF confermano l’andamento generale: il nuovo materiale è già prenotato nelle acciaierie, le consegne sono previste per l’autunno inoltrato, la disponibilità sul mercato langue e anche quando il materiale è in stock il distributore si assicura di poterlo sostituire prima di venderlo o, peggio, gioca a fare il banditore d’asta. I prezzi sono lievitati, la validità delle offerte fatica a durare più di una settimana, su certi prodotti con difficoltà si raggiungono le 48 ore e anche quando le decisioni vengono prese in fretta – cosa che non è possibile per tutti i clienti – può accadere che il materiale, impossibile da riservare, venga accaparrato da qualcun altro. Qualcuno sostiene che non ci siano precedenti per i piani inox di una tale carenza di materiale come quella che stiamo vivendo, mancanza che giustifica gli eccezionali livelli delle quotazioni: mai visti prezzi così alti!
Per quanto riguarda le armature e la vergella, se da una parte alcune aziende italiane, che non hanno sbocchi commerciali sui mercati ad alto-prezzo, hanno sofferto per il calo della domanda da oltreoceano e hanno cercato la vendita nei paesi balcanici con prezzi più bassi, dall’altra parte ci sono acquirenti che si sono rivolti al mercato turco, nordafricano, russo e slavo proprio in virtù dei prezzi troppo alti sul suolo europeo.
Un’impennata generale del valore dell’acciaio che si accompagna alla crescita altrettanto significativa del costo delle materie prime: sebbene abbia rallentato nell’ultimo paio di mesi, il minerale ferro (CFR North China) ha raggiunto i suoi massimi nel mese di maggio; continuano a crescere Nickel (London Metal Exchange) e carbone da Coke (FOB Black Sea), il quale raggiunge un +76% totale da aprile a metà a luglio, e le previsioni li voglio entrambi ancora in rialzo per i mesi a venire. In calo il costo del rottame (CFR Turkey) dopo un lungo periodo di salita iniziato a fine 2020.
Nel frattempo, altre variabili sono entrate in gioco, con potenzialità dirompenti importanti e contrastanti tra loro che impediscono di fare serie previsioni a lungo termine.
Si aspettano le conseguenze delle alluvioni in Belgio e nel nord della Germania (ThyssenKrupp in quei giorni aveva dichiarato lo stato di forza maggiore): impatto sui prezzi e sulla disponibilità del materiale nonché sulle tempistiche e le possibilità di consegna in base a quanto le piene abbiano realmente colpito gli stock dei distributori e le riserve degli utilizzatori finali.
La pausa estiva è alle porte e molti end-users dovrebbero aver già coperto i loro bisogni immediati, ragione per cui si profila una sensibile riduzione dell’attività sul territorio europeo – come abitualmente accade in questo periodo – specialmente per HRC e prodotti lunghi.
La dinamica domanda>offerta, come ci ha ricordato l’Ing. Cesare Viganò, ArcelorMittal Distribution Italia, nel convegno di giugno organizzato da Siderweb, è alla base dell’attuale incremento dei prezzi e in tal senso sembra che qualcosa nei prossimi mesi possa cambiare: nuovi produttori stranieri si affacciano sul mercato dell’Unione (italiano in particolare) con prezzi inferiori a quelli nazionali, inoltre, voci dal Far East, che cambiano di settimana in settimana, sostengono che la Cina allenterà le restrizioni all’export, il che significherà una maggiore disponibilità di materie prime anche in questo caso a prezzi fortemente scontati sia rispetto a quelli formulati dalla controparte europea che a quelli proposti nel loro mercato domestico. Le vecchie abitudini sono dure a morire.
Infine, la variante Delta del virus che preoccupa le borse e sembra stia già dando i primi segni di un possibile nuovo rallentamento.
Come si diceva, in tanti tra distributori e utilizzatori non hanno riempito i magazzini, sia per impossibilità di trovare il materiale che per scelta, vista l’incertezza del mercato, il fatto che alcuni produttori stanno già anticipando le quotazioni autunnali che si prevede saranno ancora in crescita, restando in attesa che le quotazioni scendano. Speranza quest’ultima che, specialmente per i piani inox, viene data per vana da numerosi operatori convinti che i prezzi si assesteranno su questi livelli (che ricordiamo essere i più alti mai registrati) o, addirittura, siano destinati ad aumentare ulteriormente.
C’è poi la questione ambientale e la necessità della “transizione ecologica” richiesta dall’Europa, dalle nuove generazioni e dal pianeta, che verrà avviata in Italia con i fondi del PNRR. In una recente intervista rilasciata a Famiglia Cristiana, il ministro Cingolani non lascia spazio ad altre opzioni: si punta al modello delle “acciaierie verdi”, con fornaci elettriche e forni ad idrogeno in un contesto di generale elettrificazione del paese che si prevede possa concludersi in dieci anni (manifattura, privati, pubblico, trasporti, turismo), con elettricità prodotta da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) e relativa dismissione delle sorgenti di calore a carbone. Direzione confermata anche dall’analista Yvonne Ruf, partner di Roland Berger società tedesca di consulenza strategica aziendale. Non solo l’acciaio potrà diventare completamente neutro per quanto riguarda l’impronta di anidride carbonica, ma, secondo Ruf, investimenti e decarbonizzazione sarebbero l’unica via “per non perdere le vendite”.
Una prospettiva più che positiva ecologicamente parlando, e doverosa sul profilo morale ed etico, ma che comporterà un aumento dei prezzi in due direzioni. Il nuovo acciaio costerà di più, perché metano e idrogeno sono più cari del carbone, mentre per l’acciaio proveniente da sistemi produttivi inquinanti – informa il ministro – si parla già di Carbon Tax, una maggiorazione a “compensazione per un danno serio” calcolando il costo della Co2 immessa in atmosfera per la loro produzione. Infine, anche il prezzo dell’anidride carbonica salirà.
Sembra forse un sentiero tortuoso, eppure, questa situazione – la pandemia, la Cina che si chiude in sé stessa, la transizione ecologica – potrebbe essere un’occasione.
Si intravede la via per un business più consapevole e sostenibile (economicamente e socialmente, non solo verso l’ambiente) e l’obiettivo è di innescare un processo virtuoso a cascata che inondi la catena produttiva con impulsi dall’alto a sostegno dei sempre maggiori stimoli provenienti dal basso: i consumatori finali, infatti, sono più attenti e orientati verso prodotti la cui intera filiera sia a ridotto impatto ambientale.
Certo bisognerà controllare l’attuale boom della domanda per evitare un dirottamento delle richieste verso mercati meno green e sleali; scongiurare la delocalizzazione in paesi meno severi per normative ambientali, anche attraverso politiche di defiscalizzazione e, ovviamente, ricercare una maggiore responsabilizzazione delle aziende utilizzatrici.
Esempi virtuosi a cui guardare esistono già: l’acciaio inox è un passo avanti in quanto prodotto dal rottame, ecologico in tutto il suo arco di vita e totalmente riciclabile al momento della dismissione.
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